Visto il continuo oscillare del costo dell’energia e i repentini cambi di temperatura, è frequente la scelta dei condomini di staccarsi dall’impianto di riscaldamento condominiale per adottare uno proprio.
Qual è la procedura da porre in essere in questi casi? Quali sono le accortezze di cui tenere conto per evitare di essere chiamati a far fronte alle spese dei consumi condominiali?
A tutte queste domande dà risposta la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 26185 del 08 agosto 2023.
La vicenda
Un condòmino ha deciso di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento per costituirne uno autonomo.
Nonostante il distacco, l’assemblea ha approvato la messa a carico dell’inquilino della spesa per i consumi di riscaldamento riferiti alla sua unità.
Il condòmino, ritenendo illegittima la delibera e che nulla fosse dovuto, ha deciso di impugnare la stessa dinnanzi al Tribunale, sostenendo la liceità del distacco in precedenza operato.
Quando il distacco avviene in modo regolare?
La Corte di Cassazione è intervenuta per mettere un punto, nel caso di specie, alla frequente disputa relativa ai danni prodotti dal distacco dei condomini dagli impianti centralizzati di riscaldamento-condizionamento.
Per prima cosa si deve rilevare che, nei primi due gradi di giudizio, il Tribunale aveva dato ragione all’assemblea: i giudici avevano ritenuto che, in conseguenza del distacco dall’impianto condominiale, fosse derivato un aggravio di spesa per gli altri condòmini.
Il condòmino, infatti, continuava a usufruire del calore prodotto dai radiatori degli appartamenti contigui, gravando sui consumi condominiali.
La Suprema Corte, sul punto, ha affermato che il diritto potestativo di ciascun condomino di abdicare dall’uso dell’impianto comune di riscaldamento, per dotarsi di un impianto autonomo, opera sempre ma a determinate condizioni (Cassazione 7708 del 2007; Cassazione 15079 del 2006 e Cassazione 5974 del 2004), ovvero:
non si deve verificare né un pregiudizio nel regolare funzionamento dell’impianto centrale né un incremento delle spese per gli altri condòmini;
non si deve verificare uno squilibrio termico per l’intero edificio;
dal distacco deriva un’effettiva riduzione delle spese di esercizio.
Pertanto, per procedere al distacco, il condòmino interessato deve fornire all’assemblea documentazione tecnica attestante che dal proprio intervento non deriveranno squilibri alla gestione dell’impianto, salvo i condomini non lo autorizzino sulla base di una loro autonoma valutazione (sentenza della Cassazione n. 22285 del 2016).
La decisione della Suprema Corte
I giudici della Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 26185 del 08.09.2023, hanno confermato quanto sostenuto dal Tribunale di primo grado e dalla Corte d’Appello.
Il condòmino non aveva dimostrato che dal distacco non sarebbe derivato un aggravio per il condominio. Al contrario, a causa proprio del distacco si era verificato un aumento di spese per gli altri inquilini e, in particolare, per quelli delle unità che erano contigue.
Di fatto, la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo il quale il nostro Codice Civile permette il distacco dall’impianto centralizzato, purché da questa scelta non derivi pregiudizio al sistema e ai condomini. L’inquilino che si stacca dall’impianto centralizzato è tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma.
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